”LA PIÙ BELLA 
                  MONTAGNA DELL’AMERICA,
                  UN ICEBERG DI 2400 METRI CHE GALLEGGIA NEL MARE”
                  Saint Loup
                 
                La figlia di uno degli alpinisti che 50 anni fa conquistarono 
                  il Sarmiento commenta la mostra fotografica, per ricordare l’avvenimento, 
                  organizzata a Pinzolo in collaborazione con:
                  Museo Nazionale della Montagna Duca degli Abruzzi CAI Torino, 
                  Cervino International Film Festival, Archivio Fotografico salesiani 
                  Don Bosco Roma, Biblioteca SAT Trento, Comune di Pinzolo, Comune 
                  di Trento, Studio d’Arte
                   
                “Un ritorno alle montagne della Terra del Fuoco, che 
                  per tanti anni erano state la mèta prediletta de’ 
                  miei viaggi e delle mie esplorazioni, mi sembrava un sogno. 
                  E il sogno si avverò nel gennaio del 1956…” 
                  Inizia così il bellissimo libro “Sfingi di ghiaccio” 
                  di Padre Alberto Maria De Agostini, pubblicato nel ‘58 
                  in lingua italiana e spagnola, che racconta la spedizione alpinistica 
                  e scientifica che ha conquistato il Monte Sarmiento e il Monte 
                  Italia. L’impresa impegna alpinisti e scienziati per quarantatre 
                  giorni di tempeste e bufere, durante i quali rare aperture della 
                  coltre di nubi lasciano vedere la luce delle vette. Con Padre 
                  De Agostini, il capo scientifico-tecnico prof. Giuseppe Morandini, 
                  il fisiologo dott. Luigi Sperti, l'ingegnere e geologo Arvedo 
                  Decima, le guide Luigi Carrel, Camillo Pellissier, Luigi Barmasse 
                  e Clemente Maffei Gueret, l'accademico del C.A.I. Carlo Mauri, 
                  l'operatore cinematografico Edmondo Raffaldi, il maggiore Artuto 
                  Ayala Arce, topografo, il radiotelegrafista Belisario Cabeza, 
                  l'andinista Michele Saavedra e il cuoco Angelo Gaez. Quarantuno 
                  fotografie compongono un denso e poetico percorso per gli appassionati 
                  di avventure vere, vissute nell’intensa volontà 
                  di arrivare, di farcela, di tornare vincitori. L’elaborazione 
                  delle vecchie pellicole ha creato effetti cromatici e bagliori 
                  che sembrano illustrare gli stati d’animo dei protagonisti. 
                  Il racconto, composto da dati geografici, alpinistici e citazioni, 
                  riesce ad evocare il contatto diretto tra uomo e forze della 
                  natura. Le acque gelide e torbide dello Stretto di Magellano 
                  e le terre ricoperte di giunchi secchi e ghiacciai, che arrivano 
                  sino al mare, sono lo scenario di un’esplorazione che 
                  non si arrende davanti a nulla. Gli animi dei conquistatori 
                  sono carichi di solidarietà e di autenticità in 
                  ogni atto comunicativo. Queste sono condizioni in cui gli spiriti 
                  si riempiono di una fiducia che rende più forti e capaci 
                  della massima determinazione. Ritengo che sia proprio questo 
                  uno dei messaggi tra le righe di questa esposizione: la capacità 
                  di coltivare la profondità umana nella relazione con 
                  l’altro e con la natura in una disciplina, porta a essere 
                  più coraggiosi e più sinceri anche negli altri 
                  settori della vita. Cercare la frequentazione di validi alpinisti 
                  e di persone leali è come desiderare un caldo rifugio 
                  nella bufera dell’indifferenza e dell’arrivismo. 
                  Il percorso fotografico,arricchito di fotografie inedite sulla 
                  conquista del Monte Italia è riproposto nella IX edizione 
                  del Cervino International Film Festival, dal 19 al 23 luglio 
                  2006 a Breuil – Cervinia e Valtournenche.
                 
                “Quassù il tempo è 
                  prezioso. Non si deve sprecarne assolutamente. Stiamo intensamente 
                  lottando con la nostra forza e la nostra mente. Non possiamo 
                  distoglierci da questa intensità. Ci sentiamo vicini 
                  alla meta. Dentro di noi tutto è teso verso di essa. 
                  (...) Carlo mi chiama. (...)Un grido! - Ohi! Ghe sem en cima! 
                  - E’ un grido che fa smuovere tutto dentro di noi, che 
                  fa ribollire il sangue nel cuore e lo spinge alla testa con 
                  un impulso inverosimile. (...) Si, è proprio la cima 
                  orientale del Sarmiento, la più tremenda e la più 
                  fantastica cima della mia carriera di alpinista.” (Clemente 
                  Maffei)