«Io son la morte che porto corona.
                  Sonte signora di ogni persona et
                  cossi son fiera forte et dura che
                  trapaso le porte et ultra le mura».
                 
                Così appaiono le scritte, sulla facciata a mezzogiorno 
                  della Chiesa di S. Vigilio a Pinzolo, assieme agli affreschi 
                  della Danza Macabra che Simone Baschenis di Averaria fece nel 
                  1539 su commissione della “Confraternita dei Battuti” 
                  di Sopracqua. I Baschenis, pittori bergamaschi, operarono per 
                  oltre un secolo nel Trentino Occidentale, così come in 
                  Europa Occidentale nei secoli XV e XVI.
                  Le Danze macabre o Memento mori venivano affrescate sulle o 
                  nelle chiese come un monito del clero alla popolazione di allora, 
                  un avvertimento di obbedienza, di lavoro, di fedeltà, 
                  alla religione cattolica. La paura della morte all’epoca, 
                  ma anche oggi, assoggettava alla fede qualsiasi persona.
                  Da queste immagini, Brunetto Binelli di Pinzolo ha creato una 
                  sceneggiatura e regia che la compagnia teatrale “Il filò 
                  da la Rendena” ha messo in scena già a partire 
                  dal
                  2003 in spazi aperti.
                  Una processione dei Battuti, vestiti di bianco con una croce 
                  rossa, parte dal centro storico per arrivare alla Chiesa di 
                  S. Vigilio, assieme a tutti i personaggi, chi a piedi, chi a 
                  cavallo.
                  Sul palco, nel piazzale grandissimo davanti alla chiesa, “la 
                  Morte Regina” danza coinvolgendo tutti i personaggi (Re, 
                  Regina, Papa, Vescovo, Guerriero, Medico, Giovane, Mendicante, 
                  Vecchia, Gentildonna e altri) e li accompagna verso la Morte, 
                  attraverso una porta che si chiuderà dopo il passaggio. 
                  Si affronta quindi il tema dell’assurdità della 
                  guerra di fronte alla morte. Lo spazio scenico viene occupato 
                  da una leggiadra fanciulla che interloquisce con uno dei personaggi 
                  immortalati da Simone Baschenis, il guerriero, per sviluppare 
                  delle riflessioni sull’inutilità e sulla stupidità 
                  di ogni conflitto.
                  Cristo viene messo sulla croce e guarda tutti gli avvenimenti. 
                  Alla fine Cristo discende dalla croce e contemporaneamente si 
                  aprono le porte dei morti e tutti risorgono in una atmosfera 
                  piena di fumi e luci. Un lavoro teatrale sulla piazza, emozionante, 
                  forte dove le luci, le musiche (medievali, De Andrè, 
                  Pink Floyd) e i costumi contribuiscono in maniera determinante 
                  ad imprimere, nel nostro profondo, segni non facilmente cancellabili. 
                  Oltre agli attori principali (Silvia Salvaterra, Massimo Lazzeri, 
                  e il ballerino Tiziano Chistè) sono coinvolte un centinaio 
                  di altre persone tra figuranti, operai e tecnici.
                  A conclusione si può mettere in evidenza come il tempo 
                  e lo spazio si siano annullati, le figure di ieri proiettate 
                  nell’oggi e viceversa, che si intersecano, si amalgamano 
                  ed il tutto appare reale, vivo, attuale.
                 
                 
                
                 
                La morte verrà all’improvviso,
                  avrà le tue labbra, i tuoi occhi.
                  Ti coprirà d’un velo bianco
                  addormentandosi al tuo fianco
                  nell’ozio, nel sonno.
                Fabrizio De Andrè