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              Ci sono  dei ricordi che sono strettamente connessi alla nostra infanzia e hanno per noi  un profondo significato anche se per lungo tempo sono stati relegati nella più  lontana memoria. 
I luoghi dove noi trascorriamo gli inizi della nostra vita lasciano un segno  indelebile nella nostra mente; sono le “radici” alle quali spesso ritorniamo  nei momenti di difficoltà e tristezza, ma anche in quelli di felicità e  appagamento. 
La pace e la serenità che respiriamo in quei luoghi danno vita a uno stato di  beatitudine che amplia la nostra percezione emotiva, rigenera la nostra mente e  origina esclusivi momenti di creatività intellettuale, manuale e ludica. 
Proprio questa magica capacità di creare qualcosa da un soffio di vita,  immaginavo da bambina, quando percorrevo i sentieri dell’Antica Vetreria. 
Sentivo intorno a me l’alacre presenza delle persone che avevano animato questo  lembo di bosco e le vedevo intente alle quotidiane occupazioni nella Fabbrica  dei Cristalli. 
Dalla fornace al mulino vedevo ogni singolo gesto, fatto allo scopo di creare  un oggetto quasi magico, frutto di mani abili e di menti ispirate.  
Ai miei  occhi di bambina si svelava la magia del vetro, incomprensibile miracolo della  creatività dell’uomo. La mia fantasia andava oltre, dava ascolto ai desideri e  dall’amalgama incandescente plasmava forme irreali, fantastiche, a volte  grottesche che poi popolavano i miei sogni infantili. 
In quei momenti mi sentivo sospesa in questo mondo antico, fatto di poche  certezze ma di molte speranze. Desideravo essere una di loro, un abitante di  questo bosco incantato, entravo nella casa padronale e ascoltavo il vocio delle  donne, salivo i gradini fino al primo piano e partecipavo all’allegro gioco dei  bambini. 
Questa microsocietà, che aveva rappresentato una solida realtà artigianale  nell’arte della fusione e soffiatura del vetro, era per me una fonte di  immaginazione, uno sfogo al profondo bisogno di fantasia che solo in quei  luoghi silenziosi ed evocanti trovava la sua naturale espressione. 
Allora sentivo su di me la leggerezza di entità pulsanti mai toccate, invocate  e mai viste. 
Oggi rimane in me il bisogno di ripercorrere le tracce lasciate da bambina,  vagare fra quei boschi, non più alla ricerca di una dimensione fantastica, ma  di quella profonda sensazione di completezza e soddisfazione interiore alla  quale noi tutti aneliamo e che spesso è molto vicina a noi. 
 
”Forse un mattino andando in un’aria di vetro” (Montale)  | 
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