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Per la scrittrice Rosetta Loi l'arte dello scrivere “ permette di recuperare quanto sembra irrimediabilmente perduto”. Ciò ha un valore rilevante soprattutto quando chi scrive è una bambina che non ha vissuto le esperienze di cui favoleggia, ma racconta situazioni che ha semplicemente appreso dagli adulti, forse dai nonni che narrano fatti accaduti ad altri moltissimi decenni prima.
La memoria permette alla narrazione di prendere forma e di ricreare ai nostri giorni delle realtà lontanissime nel tempo e non più vivibili, ma proprio per questo piene di fascino, di sentimento e del desiderio di non dimenticare. Realtà trascorse che spesso si ripetono in luoghi differenti, ma che pur essendo lontanissime anche nello spazio, sono così simili nel modo di affrontare la vita , di sopportare i disagi e di soppravvivere alla natura donatrice dello stesso sostentamento. Nella similitudine di una terra riarsa dal gelo, l'uomo reagisce nello stesso modo, condivide e attua comuni strategie per non abbandonare i luoghi dove è nato, per non emigrare in posti sconosciuti e forse più inospitali della terra madre.
In questo racconto ogni pensiero diventa un passo verso il passato, un gradino nella scalata del ricordo dal quale riemergiamo rigenerati, più completi e pronti all'avventura della vita che si perpetua nello stesso modo a migliaia di chilometri di distanza.
Il freddo intenso pizzicava le guance di Viljo mentre cercava con forza di spaccare un ceppo di betulla. Il lavoro era faticoso e le dita dei piedi gli gelavano nelle virsut, ma doveva fare la legna da mettere da parte per le fredde notti a venire. L’ascia dalla lama smussata di certo non aiutava e già dopo due ore di lavoro, Viljo sentì il bisogno di riposarsi. Viljo caricò la catasta di legna sulla slitta tirata da un cavallo finlandese, Rusko che nitrì fra sé e sé e Viljo pensò che anche esso aveva bisogno di un po’ di avena.
”Su, dai, da bravo!” Disse Viljo incitando il cavallo e da lì partirono trotterellando verso il paese. Il vento gelido gli faceva bruciare gli occhi, ma fortunatamente nella slitta c’era una calda pelle d’orso che il fratello più grande aveva un tempo preso nella foresta. La foresta innevata era bella e Viljo vide alcuni cervi strappare la corteccia dagli alberi per cibarsi. Anche per loro non era facile...
Presto si intravide il paesino lungo la via e Rusco affrettò l’andatura. Uno stormo di corvi stava beccando dei semi di grano che qualcuno aveva fatto cadere per sbaglio. Si dileguarono nell’aria all’approssimarsi del tiro ma si precipitarono nuovamente dopo un attimo a banchettare.
”Ecco il nostro Viljo che arriva! Doveva per forza tornare! Certo che noi vecchi lo sappiamo” disse il nonno Severi seduto su un ceppo di betulla al bordo della strada vicino alla staccionata. Viljo rallentò l’andatura del suo cavallo e lo guidò nel cortile insieme agli altri cavalli. I vicini Kalle e Juho, scorticatori della miglior razza, erano impegnati a scorticare i tronchi, con i loro colbacchi in testa e le virsut ai piedi. Dalla capanna costruita provvisoriamente si diffondeva il profumo di korvike e dei pettuleipä. Nel cortile alcuni uomini stavano scuoiando una volpe e una lepre appena catturate durante la caccia nella foresta. In estate al mercato sarebbero state, insieme al luccio seccato, merci richieste, specialmente dai forestieri. Al mercato arrivavano diversi tipi di gente, anche dal lontano Sud arrivavano uomini scuri che portavano spezie e stoffe, tanto volute dalle donne.Ma mancava ancora molto all’estate e prima bisognava lavorare sodo. Anche oggi si dovevano ancora caricare due cataste di legna. Viljo andò con un brontolio nello stomaco verso la capanna per pranzo e lì Taavetti era già seduto masticando il pettuleipä.
”E’ così, Viljo ha deciso di venire qui al caldo a mangiare qualcosa. Hilma! Porta un po’ di korvike a questo ragazzo!” Taavetti chiamò la domestica e subito la ragazza corse a servire Viljo. Viljo sorseggiò la bevanda calda. Il sapore era amaro ma questi erano tempi duri e bisognava accontenttarsi di quello che c’era. Taavetti passò a Viljo il cestino, dove c’erano ancora molti pettuleipä che Viljo prese volentieri per riempirsi lo stomaco. Il pettuleipä non dava molta energia e non faceva passare la fame, ma anche quello bastava.
”Quante cataste di legno si sono fatte oggi? Bastano le puupäreet per illuminare le notti buie?” Chiese Taavetti.
”Di puupäreet ce ne sono abbastanza. Ce la dovremmo fare per sei mesi con quella legna per far luce, ma con questa più che altro si riscalderà il camino.” Rispose Viljo divorando il pane. Taavetti abbassò il braccio e sorrise.
”Ma ora devo tornare di corsa al lavoro. La padrona ha detto che ci sono due sacchi d’orzo da portare dal granaio. Il lavoro mi chiama, il lavoro mi chiama...”Il profumo del latte acido inebriò la grande cucina quando la padrona di casa Wilhelmiina aprì il coperchio del recipiente per fare il burro. Il latte acido si era conservato bene e si sarebbe potuto mettere in tavola a cena. Sul fuoco stava bollendo la poltiglia di cereali che la padrona aveva preparato. Tre pani di segale erano infilati nel bastone appeso al soffitto e la bambina di due anni era seduta nel girello per impedire che si bruciasse le dita toccando la poltiglia di cereali, che era sempre stata il suo cibo preferito. Sul tavolo c’erano le sokerisakset e sotto il tavolo il bidone del latte che per mesi non era servito a niente, visto che le mucche avevano smesso di dare latte già ai primi geli invernali. Per questo il latte di mucca veniva trasformato in latte acido che si conservava bene e che si poteva gustare anche più tardi. Sopra il camino c’era la grande pala per il pane e nel barattolo delle posate, i cucchiai di tutti gli abitanti della casa. Dal soggiorno si sentiva il ronzio regolare del rukki. Alli, la domestica di casa, stava filando i resti della lana rimasti dall’estate. Prima la lana era stata pettinata. Se ne erano fatti batuffoli soffici, pronti per essere filati. Alli canticchiava una lenta ninna nanna che aveva sentito cantare dalla padrona mentre cullava Liisa.
I pavimenti erano freddi in tutta la casa, tranne che nella grande cucina ed era necessario portare le calze di lana se non si voleva prendere il raffreddore. Si potevano solo fare con la lana e la lana doveva essere prima pettinata e poi filata e per filarla serviva la domestica. Alli era contenta di poter aiutare gli altri e di fare lavori utili. Per questo lei canticchiava volentieri.
”Alli, Alli!” Alli sentì la padrona che la chiamava dalla grande cucina.
Alli si alzò, lasciò il fuso dov’era e si diresse in cucina.
”Potresti andare a prendere Viljo nella foresta. Lui ha già fatto abbastanza per un ragazzo diciassettenne. Alli annuì, si mise una giacca leggera sulle spalle, aprì il chiavistello e uscì decisa fuori, nel freddo.
Questo racconto fa parte di un libro “Nuove storie per antiche leggende”, frutto di un progetto di cooperazione fra Italia e Finlandia. La collaborazione ha lo scopo di incentivare gli scambi fra gli stati nei vari campi d'interesse culturale e in particolare valorizzare le specificità del territorio, dalla riscoperta delle radici culturali alla reinterpretazione di antiche leggende.
In questo testo ritroviamo oggetti e alimenti molto simili a quelli utilizzati in passato nelle nostre valli e ai quali l'ingegno umano ha pensato all'unisono per adattarsi ad una natura spesso avversa, ma sempre maestra di vita.
Virsut: scarpe di corteccia di betulla con l`interno riempito di fieno per proteggere i piedi dal freddo.
Petuleipä: pane fatto di “segatura” di legno di pino, cioè la parte farinosa che si trova fra corteccia e tronco. Inoltre il pane di segala era di forma rotonda con un foro centrale a ciambella per poterlo infilare in un bastone ed appenderlo al soffitto. Cio`permetteva la sua essicazione, una certa salubrità e la lontananza dagli animali.
Anche in Trentino il pane per le classi meno abbienti era di miscela, composto da varie farine: di fave, di castagne, d'avena, di segala, di miglio e nei periodi di maggior carestia di ghiande o di “segatura”di giovane pino.
Korvike: surrogato del caffè. Per le classi più povere l'acquisto del caffè aveva un costo troppo alto e quindi, per non rinunciare a una bevanda calda e corroborante, si usavano i vegetalidisponibili nei boschi o nei campi. Il caffè di cicoria si otteneva dalle radici della pianta che venivano essicate, tostate ed infine macinate.
Fra la montagne trentine e con un procedimento molto simile si otteneva anche il caffè d'orzo che con il pane e il latte costituiva la tradizionale colazione. Un rito quasi giornaliero era la tostatura che avveniva davanti al focolare, girando lentamente la tostatrice scaldata dalla cenere del fuoco.
Puupaäret: liste di legno. In un epoca in cui la luce non era una comodità scontata si ricavavano sottili liste di legno che accese illuminavano fiocamente le case.
Sokerisakset: forbici per lo zucchero. Lo zucchero era ovunque un bene prezioso e veniva spesso venduto in agglomerati dai quali poi si ricavavano piccole quantità tagliando la massa con forbici apposite.
Rukki: arcolaio. Strumento per filare la lana, diffuso e usato in tutto l`arco alpino.
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