Zio Miguel Angel Zamora  Ortiz gestisce già da anni un piccolo ranch vicino alla città di Toxpaoca nello  stato di Hidalgo in Messico. Il ranch si trova a una ventina di chilometri dal  villaggio più vicino ed è accessibile solo per una strada stretta e polverosa,  praticabile con un fuoristrada o a cavallo. Da venti a quaranta mucche, a  seconda del prezzo del latte e del formaggio e della stagione, un paio di tori  e di cavalli, pascoli, edifici rurali, ecc. Il desiderio di inserirsi  attivamente nel mondo globalizzato era esploso nello zio già da tempo  considerevole. A quel tempo, con vecchi secchi per il latte, stanghe di ferro,  ferri di cavallo raddrizzati e vecchie cianfrusaglie agricole si fabbricò una  torre per le comunicazioni alta quindici metri, proprio sul poggio, provvista  di un lumino rosso così come aveva verificato che si doveva fare. Spesso poi si  accovacciava sotto la torre, comunicava con il mondo, si meravigliava e faceva  domande, dava consigli alle più varie istituzioni, anche a quelle più lontane,  sui prezzi del petrolio, del latte e della verdura, curava i capi di stato, si  dava delle arie quando si menzionavano le sue parole e si inorgogliva quando  quelli di là fuori seguivano i suoi consigli e otteneva riconoscimenti e così  trascurava un po’ le mucche e il ranch. Ma non era grave, perché alla  produzione di dolci al latte provvedeva zia Marta e dei formaggi e delle mucche  si occupava piuttosto il figlio Miguel Angel Zamora Preciado. Circa due anni fa,  il collegamento con il mondo attraverso la torre per le comunicazioni globali,  aveva cominciato un po’ alla volta a incepparsi. All’inizio quasi in modo  impercettibile, ma con il tempo sempre di più e di più. Le notizie arrivavano  male o addirittura non arrivavano affatto e il mondo poco alla volta cessava di  seguire i consigli dello zio. Lo zio si indignava, rifiutava di vendere i dolci  al latte agli sconosciuti o ne vendeva solo uno a testa, le sue escursioni a  cavallo erano sempre più rare, addirittura non si infilava gli stivali da  equitazione e portava solo stivaletti slacciati. Al ranch, giorno dopo giorno,  cominciò a imbrunire prima e ad albeggiare  poi, i cani smisero di gironzolare  curiosi, se ne andavano in giro fiacchi e invece di abbaiare allegri non  facevano altro che guaire, le mucche davano sempre meno latte. Il figlio più  giovane, Antonio Zamora Preciano, di mattina, fuggiva, di nascosto, per guidare  il suo camion e ritornava solo a sera tardi tutto impolverato. Faceva yoga e  rifiutava di nutrirsi a formaggi e mangiava invece minestre già pronte con  spaghetti cinesi e il figlio più grande, Pedro Zamora Preciano, aveva già  rassegnato le dimissioni dalla sua carica di organizzatore e controllore del  ranch e aveva trasformato una piccola rimessa in un posto con sessantacinque  letti in uno spazio di due metri per due metri, in maniera veramente ingegnosa.  Accanto a ogni letto c’era una lanterna ricavata da una brocca e con tutti i  secchi per il latte fabbricò degli sgabelli da bar con braccioli. Dopodiché  cominciò a poltrire, senza alcun sotterfugio. Zio Miguel Angel Zamora Ortiz si  mise a letto, rifiutava di lavarsi, non assumeva cibo e si limitava a seguire  l’immagine granulosa e sfuocata del televisore collegato con un cavo alla torre  per le comunicazioni e rimase a letto senza lavarsi per dodici mesi interi. Il  ranch abbandonava lentamente il mondo e il mondo un po’ alla volta abbandonava  il ranch. Precisamente un anno dopo, un tetro mattino, zio Miguel Angel Zamora  Ortiz all’improvviso saltò giù dal letto, pisciò a lungo e si mise al lavoro  solerte. Era del tutto lampante che era successo qualcosa. Il giorno che, come  succedeva ultimamente, non era ancora iniziato e già volgeva alla fine, fece  all’improvviso retromarcia fino ad arrivare ai suoi alberi e i cani cominciarono  ad azzuffarsi con furore . Quel giorno, Antonio Zamora Preciano non andò dai  camion e rimase a portata di mano dello zio e Pedro Zamora Preciano cominciò a  scollare e a ordinare la posta vecchia di un anno. Zio Miguel Angel Zamora in  un solo attimo aveva capito tutto. Una cassa! Uno sportello! La sua idea su  come fare i conti con il mondo globalizzato ora era chiara – la struttura del  ranch doveva fondersi con la struttura del mondo – se il ranch voleva diventare  una sua componente, il mondo doveva diventare una componente del ranch. E  questo si poteva ottenere solo attraverso uno sportello o attraverso una cassa.  Allo sportello si venderanno pacchetti di servizi o pacchetti a dieci,  quindici, venti e trenta pesos e chi comprerà un tale pacchetto avrà diritto a  vari servizi inclusi nel prezzo. Quali servizi? Quale sarà l’oggetto dei  servizi? Ma chiaro, questo dipende da quale pacchetto sceglierà il visitatore!  Lo zio splendeva di felicità, ma non aveva alcuna fretta. Distribuì per tutto  il ranch delle tavolette di legno dipinte a mano con frecce e iscrizioni in  rosso, bianco e verde che, tracciate su varie assicelle, conducevano fino alla  cima della collina, in altri posti, invece, giù dalla collina, o a zigzag: Per  la cassa per di qua, Presentarsi alla cassa uno alla volta, Alla cassa  comportarsi con decoro. Alla cassa è vietato mangiare e presentarsi  decentemente vestiti. L’iscrizione Vietato parlare con il personale alla cassa,  dopo attenta riflessione, un po’ alla volta venne cancellata con una riga rossa.  Ora occorreva, prima che fosse pronto lo sportello  principale, preparare uno  sportello provvisorio. Per il momento vi si sarebbero venduti lecca-lecca,  fiammiferi e birra Corona fresca. Lo zio ignorò le mie obiezioni da straniero su  chi si sarebbe fermato a comprare un lecca-lecca a venti chilometri dalla più  vicina arteria di comunicazione, con un arrogante silenzio. Il problema ora era  un altro: non bisognava forse pensare al personale – con ciò lo zio intendeva  se stesso, compresa zia Marta. Lo sportello deve essere abbastanza comodo per  poter fronteggiare le resse o, al contrario, riposarsi nei momenti di minor  traffico. Leggere qualcosa, eventualmente cambiarsi d’abito. Non era nelle mie  forze dissuadere lo zio dal suo progetto. Non avevo le forze per fermare quella  temerarietà. Il mondo come una cassa? Ma è una assurdità. Il giorno dopo, la  mattina, suonò al campanaccio da mucca sopra allo sportello il primo  visitatore. Impaziente pretendeva di comprare un pacchetto da quindici pesos e  due pacchetti da venti ciascuno. Da allora il campanaccio non ha smesso di  suonare.                                                                                  Illustrazioni  di Kalvellido            |