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              Un giorno un  re se ne andava a cavallo… 
              (Cavalcava il  vento, gli si infilava dentro, gli si affusolava, filava, era l’aria  stessa…) 
          E io mi sgocciolavo ed era  ora. 
            L’etere intero è tua aura  dimora. 
            poterti ora ringraziare per lo  sguardo 
            solenne e severo,  ègida degli dèi, 
            un velo sul mio capo, sul  tuo un 
            blasone di nobiltà. Una casa  per 
            cuore, il mio sorriso per  dono. Io so 
            chi  sei regale compagno di sempre. 
          I semi si aprono e  germogliano 
            E noi imparammo che dove c’è 
            Spirito c’è sempre nuova  linfa e 
            nuvole da trottare,  avvitare, tepore 
            d’affusolarsi e tenersi  stretti 
            alla stessa aria e forse  volare. 
            E se non avrà le ali sarà  farfalla: 
            ci si riconosce sempre fiore  se 
            muove da verità. Cresci!  Cresci! 
            Apoteotico seme di luce. 
          Il re cadde da cavallo e si  rialzò 
            ma non riconobbe subito il  volto 
            dell’amore in quegli occhi  liquidi. 
            Girai lo sguardo per non  farmi ferire 
            ancora. Mai più volli  crederci. 
            E se avessi passeggiato da  sola? 
          Anima unica e di rara beltà… 
            Leale, fervente cavaliere 
            dicevi le cose che non  sapevo 
            più dire. E venne il morso  che spezza. 
          Mi colpì di allora forse un  verso. 
            O eri tu che spezzato il  morso 
            aspergevi  l’aria e   << per giustizia 
            innaffiavi tutte le piante  >> 
            consacrate fra le pietre 
            e  forse c’ero anch’io nell’ora della 
            benedizione e dello  sfinimento. 
          Varcate le sfide e i campi  arati. 
            Qui si vive soltanto. Qui  si  viene 
            qui si torna, per giustizia  o per beltà. 
          Cuore di donna, frutto di  passione 
            argentina, i tuoi denti di  mandorla 
            amara, suggono gocce d’anima 
            in fiamme, svelano la  profezia 
            antica e nei silenzi sapemmo 
            interpretare i segni  dell’amore 
            ritrovato sul bastione del  porto 
            con un’assenza, col canto  sull’altare. 
            Lì mi prostro, certa di  vastità. 
            E mi vestii di perle e bevvi  vino 
            puntando negli occhi di una  fulgida 
            sorte levatrice di un  incanto 
            illuminato: il sogno che  bramo. 
          Venite cavalli bianchi e di  sauro 
            mantello, levatevi su  architetture 
            divine, correte  custodi di luce, 
            correte con me: <<  nessuno mi pettina 
            bene come mi pettina il  vento! >> 
            Compagni protettori che  udite 
            il canto: coi vostri occhi  magnanimi 
            vegliate in volo, giacché  riconobbi 
            di essere viva e per questo,  grata. 
          Insegnami la libertà  delle 
            rondini, per sciogliermi in  un voile di 
            seta pura. Mi prostrerò  dinnanzi 
            anima bella, al Sole offrirò  gli 
            sguardi delle gocciole  trasmutate. 
          Il mio amore per te è  indiscutibile. 
  << Mi manchi come se  fossero 
            passati mille anni >>  in respiro. 
            
          II 
            Oggi esco a  comprarmi l’abito da sposa 
           
          …qualche giorno da te,  taumaturgica 
            vampa di Sole e Manto di  stelle… 
            Perforata è dunque  l’eternità su 
            cumuli d’albe nell’occhio di  Dio: 
            E sia! Benvenuta bellezza  che mi 
            penetri senza scampo e  benedetto 
            l’abisso che precedette i  passi! 
          Oggi esco a comprarmi  l’abito da 
            sposa. E’ per ingannare la  tua assenza 
            mio amato, dilettissimo  signore. 
            Scrivi  mio amore   lettere dal fronte, 
            lo Spirito Infinito le  recherà 
            come l’acqua a una colomba  assetata, 
            come zefiro  turchino nelle 
            midolla di una vergine  bianca. 
          Mai per alcuno scrissi  d’amore 
            né di alcuno volli prendere  il velo 
            che’ mai colsi nella loro  essenza 
            l’eternità del Creato nel  cuore, 
            come lo lessi nel tuo  solamente. 
          E nel cuore m’impetri:  <<Non  essere 
            triste gioiello d'oro, che  bramo 
            te solamente d’un alito  solo>>. 
            Ed io che mi feci farfalla 
            nel vento per giungerti in  volo, 
            di Spirito vestii, per essere  Angelo 
            sembiante, mio nobile  signore: 
            cuore del mio cuore tutto  d’oro. 
          Dilettissimo sposo d’amore 
            Lì dove tu sei è pure la mia 
            essenza che lavica si  liquefa, 
            disfa il nodo delle Ère  passate 
            a un forziere di gemme preziose  e 
            nel tiepido  rifugio t’attende. 
          Magnifico signore: da  lontano, 
            sciogli il mantello  dell’acqua che scorre. 
            Mio giusto signore, l’antico  sogno 
            guidi il passo  dell’anima…  Sul tuo 
            petto fiammeggia il coraggio  di un re! 
          Amo te e il grembo che ti condusse 
            alla luce e il suo candido  seme: 
            dinanzi a voi miei Avi e  alla Vita 
            m’inchino e porgo devota  corona. 
          Cosima di Tommaso           
            
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